Testo della poesia
1. Sei ancora quello della pietra e della fionda,
2. uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
3. con le ali maligne, le meridiane di morte,
4. – t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
5. alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
6. con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
7. senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
8. come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
9. gli animali che ti videro per la prima volta.
10. E questo sangue odora come nel giorno
11. quando il fratello disse all’altro fratello:
12. “Andiamo ai campi”. E quell’eco fredda, tenace,
13. giunta fino a te, dentro la tua giornata.
14. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
15. salite dalla terra, dimenticate i padri:
16. le loro tombe affondano nella cenere,
17. gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Parafrasi affiancata
1-5. Uomo di oggi, sei rimasto identico a quello dell’epoca della pietra e della fionda (l’età primitiva). Ti sei trovato (di recente) nella cabina di pilotaggio dell’aereo, con le ali che suscitano terrore e con le meridiane portatrici di morte, dentro il carro armato, ai patiboli, davanti agli strumenti di tortura. Ti ho visto:
6-7. eri proprio tu con la tua scienza esatta finalizzata a fare stragi, senza amore, senza carità cristiana. Hai ucciso ancora,
8-9. come sempre, così come uccisero i tuoi avi e come uccisero gli animali che ti videro la prima volta.
10 – 13. E il sangue che hai versato ha lo stesso odore del giorno in cui Caino invitò il fratello Abele a recarsi con lui nei campi per ucciderlo. E l’eco di quelle parole, spietata, inesorabile, è giunta fino a te e rivive nel tuo presente.
14 – 15. Nuove generazioni, cancellate la memoria dei padri e del sangue da loro versato, che sembra raddensarsi in nuvole che dalla terra salgono al cielo:
16 – 17. le loro tombe sprofondino nella cenere, gli avvoltoi e il vento nascondano per sempre il ricordo di loro.
Parafrasi discorsiva
Uomo di oggi, sei rimasto identico a quello dell’epoca della pietra e della fionda (l’età primitiva). Ti sei trovato (di recente) nella cabina di pilotaggio dell’aereo, con le ali che suscitano terrore e con le meridiane portatrici di morte, dentro il carro armato, ai patiboli, davanti agli strumenti di tortura. Ti ho visto: eri proprio tu con la tua scienza esatta finalizzata a perpetrare stragi, senza amore, senza carità cristiana. Hai ucciso ancora, come sempre, così come uccisero i tuoi avi e come uccisero gli animali che ti videro la prima volta. E il sangue che hai versato ha lo stesso odore del giorno in cui Caino invitò il fratello Abele a recarsi con lui nei campi per ucciderlo. E l’eco di quelle parole, spietata, inesorabile, è giunta fino a te e rivive nel tuo presente.
Figure Retoriche
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Allitterazioni
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Enjambements
- Assonanze vv. 3-4: “forche”/”morte”;
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Endiadi
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Perifrasi
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Metafore
- Analogia v. 14: “nuvole di sangue”: indica il sangue raggrumato sul terreno che, evaporando, sembra formare delle nuvole che salgono dalla terra al cielo;
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Similitudini
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Epanadiplosi
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Metonimia
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Sineddoche
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Sinestesia
- Tricolon vv.8-9: “come sempre, come uccisero i padri, come uccisero/ gli animali” (parallelismo nella struttura di tre enunciati che si susseguono)
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Iperbato
Analisi e Commento
Uomo del mio tempo è un testo poetico contenuto nella raccolta Giorno dopo giorno di Salvatore Quasimodo, pubblicata nel 1947. La seconda fase del percorso poetico di Quasimodo, inaugurata nel periodo immediatamente successivo al secondo conflitto mondiale, segna un netto cambiamento tanto dal punto di vista delle tematiche, strettamente legate alla catastrofe della guerra e alla profonda tragicità della condizione umana, quanto dal punto di vista linguistico e stilistico.
Durante la repressione del regime fascista e gli anni bui della guerra i poeti che si collocano nell’area ermetica avevano infatti optato per un linguaggio oscuro e astratto, poiché in quel momento storico non sarebbe stato possibile per loro affrontare in modo diretto l’estrema sofferenza che il mondo stava patendo. Al contrario, nel periodo post-bellico possiamo osservare una progressiva liberazione di questi poeti dall’autocensura, pertanto la poesia può finalmente denunciare con un linguaggio chiaro e comunicativo l’inaudita violenza che l’uomo è da sempre capace di perpetrare, nella speranza che un giorno questa lunga catena di morte e distruzione possa spezzarsi per sempre.
La poesia Uomo del mio tempo può essere suddivisa in due macrosequenze: la prima (vv. 1-13) è caratterizzata da tempi al passato (passato prossimo, imperfetto, passato remoto) e presenta attraverso una serie di riferimenti simbolici la lunga sequela di barbarie commesse dagli uomini nel corso dei secoli; la seconda (vv. 14-17) è costituita da un appello particolarmente intenso e partecipato rivolto agli uomini del presente e del futuro, con l’utilizzo dell’imperativo.
Sin dai primi versi l’autore intende denunciare la tragica immutabilità della condizione umana: nonostante il corso della storia sia lungo e soggetto a continui cambiamenti, la malvagità umana è sempre rimasta costante, in tutto il suo tremendo potere distruttivo. L’uomo è rimasto primitivo e selvaggio come quando utilizzava la pietra e la fionda per lottare e, anzi, con il tempo e con il progresso tecnologico ha avuto modo di costruire strumenti di tortura sempre più precisi, spietati. Se nel medioevo ci si condannava l’un l’altro al patibolo o al supplizio, oggi abbiamo i carri armati e gli aerei da guerra che, con i loro strumenti di localizzazione, riescono a prendere facilmente la mira per sbarazzarsi delle proprie vittime innocenti.
Il poeta continua ad avvalersi dei mezzi retorici tipici della sua produzione passata (metafore, analogie, sinestesie, metonimie, parallelismi sintattici di vario tipo) ma questa volta il fine è quello di smuovere le coscienze dei suoi lettori attraverso immagini dotate di una straordinaria forza espressiva (il “carro di fuoco”, le “mediane di morte”, le “nuvole di sangue”). Viene rievocata la vicenda di Caino e Abele, apparentemente relegata in un passato mitico eppure ancora così attuale: sembra di avvertire ancora oggi l’odore del sangue di Abele sparso nei campi dal fratello omicida, così come sembra di udire il suo lacerante urlo di dolore. Proprio il mito biblico rappresenta la giuntura fra la prima e la seconda parte; in quest’ultima il poeta si rivolge, con un vocativo (“o figli”) alle generazioni presenti e future di uomini, esortandoli a cancellare, una volta per tutte, le colpe atroci di cui si sono macchiate le generazioni passate, attraverso la pratica costante e sincera di un rinnovato amore fraterno. Le due metafore finali della “cenere” e degli avvoltoi (“gli uccelli neri”) simboleggiano al tempo stesso la necessità di dimenticare il passato e la nuova, infinita, possibilità di rinascita per l’intera umanità.
Nella poesia Uomo del mio tempo la sintassi è piana, con la prevalenza di strutture paratattiche e parallelismi o, in alternativa, frasi brevi; il lessico è quello della lingua d’uso, semplice e comunicativo, con la sola eccezione di alcuni lessemi di ambito tecnico-scientifico (“meridiane”, “carlinga”). Da un punto di vista stilistico, come anticipato sopra, l’autore adopera moderatamente gli strumenti della retorica, elaborando un dettato elegante ma privo dei preziosismi ermetici tipici degli anni Trenta.