Testo della poesia
1. Tu sei come una giovane,
2. una bianca pollastra.
3. Le si arruffano al vento
4. le piume, il collo china
5. per bere, e in terra raspa;
6. ma, nell’andare, ha il lento
7. tuo passo di regina,
8. ed incede sull’erba
9. pettoruta e superba.
10. È migliore del maschio
11. È come sono tutte
12. le femmine di tutti
13. i sereni animali
14. che avvicinano a Dio
15. Così se l’occhio, se il giudizio mio
16. non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
17. e in nessun’altra donna.
18. Quando la sera assonna
19. le gallinelle,
20. mettono voci che ricordan quelle,
21. dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
22. ti quereli, e non sai
23. che la tua voce ha la soave e triste
24. musica dei pollai.
25. Tu sei come una gravida
26. giovenca;
27. libera ancora e senza
28. gravezza, anzi festosa;
29. che, se la lisci, il collo
30. volge, ove tinge un rosa
31. tenero la sua carne.
32. Se l’incontri e muggire
33. l’odi, tanto è quel suono
34. lamentoso, che l’erba
35. strappi, per farle un dono.
36. È così che il mio dono
37. t’offro quando sei triste.
38. Tu sei come una lunga
39. cagna, che sempre tanta
40. dolcezza ha negli occhi,
41. e ferocia nel cuore.
42. Ai tuoi piedi una santa
43. sembra, che d’un fervore
44. indomabile arda,
45. e così ti riguarda
46. come il suo Dio e Signore.
47. Quando in casa o per via
48. segue, a chi solo tenti
49. avvicinarsi, i denti
50. candidissimi scopre.
51. Ed il suo amore soffre
52. di gelosia.
53. Tu sei come la pavida
54. coniglia. Entro l’angusta
55. gabbia ritta al vederti
56. s’alza,
57. e verso te gli orecchi
58. alti protende e fermi;
59. che la crusca e i radicchi
60. tu le porti, di cui
61. priva in sé si rannicchia,
62. cerca gli angoli bui.
63. Chi potrebbe quel cibo
64. ritoglierle? chi il pelo
65. che si strappa di dosso,
66. per aggiungerlo al nido
67. dove poi partorire?
68. Chi mai farti soffrire?
69. Tu sei come la rondine
70. che torna in primavera.
71. Ma in autunno riparte;
72. e tu non hai quest’arte.
73. Tu questo hai della rondine:
74. le movenze leggere;
75. questo che a me, che mi sentiva ed era
76. vecchio, annunciavi un’altra primavera.
77. Tu sei come la provvida
78. formica. Di lei, quando
79. escono alla campagna,
80. parla al bimbo la nonna
81. che l’accompagna.
82. E così nella pecchia
83. ti ritrovo, ed in tutte
84. le femmine di tutti
85. i sereni animali
86. che avvicinano a Dio;
87. e in nessun’altra donna.
Parafrasi affiancata
1. Tu sei come una giovane
2. e bianca gallina.
3. Le piume le si scompigliano per il vento che le soffia sul corpo,
4. abbassa il collo
5. per bere, e poi gratta il terreno con gli artigli;
6. ma, quando si muove, ha il tuo passo
7. Lento e solenne da regina,
8. e avanza sull’erba
9. Con il petto sporgente e superba sul paesaggio che la circonda.
10. È migliore del gallo.
11. È come tutte le altre
12. femmine di tutti
13. gli altri animali sereni che esistano
14. E che sono fatti a immagine e somiglianza di Dio.
15. Così, se la mia vista – e se la mia facoltà
16. di giudizio – non mi inganna, fra le galline tu trovi
17. Esseri che siano tue pari e non fra tutte le altre donne.
18. Quando la sera induce al sonno
19. le gallinelle,
20. queste emettono versi simili che ricordano la tua voce,
21. dolcissima, con cui a volte ti capita di lamentarti
22. dei tuoi mali, e non ti accorgi
23. che la tua voce ha la stessa cantilena armoniosa e triste
24. che si sente nei pollai.
25. Tu sei come una giovane mucca
26. incinta;
27. ancora agile e priva di
28. pesantezza (snella), anzi gioiosa e vivace;
29. che, se la accarezzi, gira
30. il collo per lasciar che la tua mano scorra sul punto in cui la sua pelle
31. è colorata di rosa chiaro.
32. Se la incontri e la senti
33. muggire, quel verso è tanto
34. lamentoso, che ti affretti a strappare l’erba su cui cammini
35. pur di farle un dono per consolarla.
36. Allo stesso modo io ti offro le mie poesie
37. quando mi capita di vederti triste.
38. Tu sei come una cagnolina dalla forma
39. allungata, che ha sempre tanta
40. dolcezza nello sguardo
41. e ferocia nell’animo.
42. Ai tuoi piedi sembra
43. una santa che arde di fede
44. indomabile,
45. e così ti ammira e venera,
46. come se tu fossi il suo Dio e Signore.
47-50. Invece quando in casa o lungo la strada
ti cammina alle spalle, ringhia scoprendo
i denti bianchissimi contro chi soltanto
tenti di avvicinarsi a te.
51. E vive un amore malato
52. di gelosia.
53. Tu sei come una coniglietta
54-56. spaventata. Dentro la gabbia stretta si alza dritta in piedi quando ti vede,
57-58. e tende verso di te le orecchie lunghe e irrigidite;
59-61. poiché tu le porti la crusca e il radicchio da mangiare, e quando ne è priva si raggomitola su se stessa per la malinconia
62. e cerca gli angoli bui dove andare a nascondersi.
63. Chi sarebbe tanto privo di tenerezza da portarle nuovamente via
64. quel cibo? chi sarebbe capace di portarle via il pelo
65. che si strappa di dosso
66. per metterlo nella tana
67. dove poi partorisce?
68. Chi potrebbe essere mai capace di vederti soffrire?
69. Tu sei come la rondine
70. che ritorna da noi in primavera.
71. Ma in autunno la rondine riparte
72. e tu non hai quest’abitudine.
73. Tu hai queste caratteristiche tipiche della rondine:
74. le movenze delicate;
75. il fatto che a me, che quando ti ho incontrato mi sentivo ed ero
76. Già vecchio, annunciavi l’avvento di una nuova giovinezza.
77. Tu sei come la formica
78. Previdente e laboriosa. Quando
79. passeggiano per la campagna,
80. la nonna parla di lei e del suo lavoro al bimbo
81. che accompagna.
82. E così ritrovo te e la tua immagine anche
83. nell’ape (“pecchia”), e in tutte
84. le femmine di tutti
85. gli animali sereni
86. Fatti a immagine e somiglianza di Dio;
87. e non ti ritrovo in nessun’altra donna.
Parafrasi discorsiva
[vv. 1-24] Tu sei come una giovane e bianca gallina. Le piume le si scompigliano per il vento che le soffia sul corpo, abbassa il collo per bere, e poi gratta (“raspa”) il terreno con gli artigli; ma, quando si muove, ha il tuo passo lento e solenne da regina, e avanza sull’erba con il petto sporgente e superba sul paesaggio che la circonda. È migliore del gallo. È come tutte le altre femmine di tutti gli altri animali sereni che esistano e che sono fatti a immagine e somiglianza di Dio.
Così, se la mia vista – e se la mia facoltà di giudizio – non mi inganna, fra le galline tu trovi esseri che siano tue pari e non fra tutte le altre donne. Quando la sera induce al sonno le gallinelle, queste emettono versi simili che ricordano la tua voce, dolcissima, con cui a volte ti capita di lamentarti dei tuoi mali, e non ti accorgi che la tua voce ha la stessa cantilena armoniosa e triste che si sente nei pollai.
[vv. 25-37] Tu sei come una giovane mucca incinta; ancora agile e priva di pesantezza (snella), anzi gioiosa e vivace; che, se la accarezzi, gira il collo per lasciar che la tua mano scorra sul punto in cui la sua pelle è colorata di rosa chiaro. Se la incontri e la senti muggire, quel verso è tanto lamentoso, che ti affretti a strappare l’erba su cui cammini pur di farle un dono per consolarla. Allo stesso modo io ti offro le mie poesie quando mi capita di vederti triste.
[vv. 38-52] Tu sei come una cagnolina dalla forma allungata, che ha sempre tanta dolcezza nello sguardo e ferocia nell’animo. Ai tuoi piedi sembra una santa che arde di fede indomabile, e così ti ammira e venera, come se tu fossi il suo Dio e Signore. Invece quando in casa o lungo la strada ti cammina alle spalle, ringhia scoprendo i denti bianchissimi contro chi soltanto tenti di avvicinarsi a te. E vive un amore malato di gelosia.
[vv. 53-68] Tu sei come una coniglietta spaventata. Dentro la gabbia stretta si alza dritta in piedi quando ti vede, e tende verso di te le orecchie lunghe e irrigidite; poiché tu le porti la crusca e il radicchio da mangiare, e quando ne è priva si raggomitola su se stessa per la malinconia e cerca gli angoli bui dove andare a nascondersi. Chi sarebbe tanto privo di tenerezza da portarle nuovamente via quel cibo? chi sarebbe capace di portarle via il pelo che si strappa di dosso per metterlo nella tana dove poi partorisce? Chi potrebbe essere mai capace di vederti soffrire?
[vv. 69-76] Tu sei come la rondine che ritorna da noi in primavera. Ma in autunno la rondine riparte e tu non hai quest’abitudine. Tu hai queste caratteristiche tipiche della rondine: le movenze delicate; il fatto che a me, che quando ti ho incontrato mi sentivo ed ero già vecchio, annunciavi l’avvento di una nuova giovinezza.
[vv. 77-87] Tu sei come la formica previdente e laboriosa. Quando passeggiano per la campagna, la nonna parla di lei e del suo lavoro al bimbo che accompagna. E così ritrovo te e la tua immagine anche nell’ape (“pecchia”), e in tutte le femmine di tutti gli animali sereni fatti a immagine e somiglianza di Dio; e non ti ritrovo in nessun’altra donna.
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Analisi e Commento
A mia moglie è un testo poetico contenuto nella sezione Casa e campagna all’interno della prima edizione del Canzoniere di Umberto Saba, apparsa nel 1921. La lirica fu pubblicata per la prima volta nella prima raccolta di Saba (1911), intitolata Poesie. Sin dalla sua opera prima è possibile definire alcuni caratteri peculiari della poetica sabiana: la scelta di una parola «onesta»¹, veicolata da un linguaggio piano e di immediata comunicatività; il riutilizzo di forme metriche tradizionali; le tematiche degli affetti, della vita quotidiana, dell’intimità e dei sentimenti più semplici, descritti nei loro tratti più realistici. In Poesie è particolarmente evidente la compresenza di toni aulici, frutto dell’eredità sette-ottocentesca e di scelte consapevolmente “inattuali” (si pensi a Foscolo, Leopardi, Carducci, ma anche Heine)², insieme ad una «celebrazione del quotidiano, nella sua dignità elementare…e nel suo naturale decoro»³.
La poesia A mia moglie, che è naturalmente dedicata alla moglie del poeta Lina, riprende nel contempo il modello della canzone ottocentesca e la struttura di una preghiera, com’è stato evidenziato dallo stesso Saba⁴. Il testo risulta infatti costituito da sei strofe di misura irregolare, accomunate fra loro da una fitta rete di parallelismi metrici e sintattici nonché da frequenti figure di ripetizione (rime, assonanze, anafore, allitterazioni, etc.). Questi elementi formali desunti dalla tradizione letteraria convivono con un lessico prevalentemente umile e colloquiale e, soprattutto, con una trattazione decisamente rivoluzionaria della tematica principale. Pur partendo da uno dei motivi tipici della lirica di tutti i tempi, quello dell’ode alla donna amata, Saba lo presenta in una prospettiva completamente rovesciata: anziché mostrare una visione idealizzata, sublime ed eterea del personaggio femminile (come avviene in molti classici della letteratura italiana, dalla scuola siciliana allo stilnovo, da Dante a Petrarca), il poeta descrive la propria donna attraverso una lunga serie di paragoni con il mondo animale. Ciascuna strofa, ad eccezione dell’ultima, è dedicata ad un animale in particolare e si apre con l’anafora «Tu sei come…», che introduce una similitudine fra l’animale e la moglie. Ciascuna similitudine viene poi approfondita mediante un’argomentazione, spesso costituita da un elenco di azioni e attributi che immergono la figura femminile nella dimensione umile e iperrealistica della campagna, dello spazio domestico e degli eventi minimi di ogni giorno. Il fine è quello di svelare al lettore la presenza non di una creatura sublime ma di una persona vera, con i suoi pregi e difetti, una persona che il poeta ama in tutta la sua concretezza terrena.
Nella prima strofa (vv. 1-24) la moglie è paragonata a una gallina poiché, sebbene chini il collo per bere e raspi il terreno per nutrirsi, ha un passo lento e superbo, simile a quello di una regina. Per Saba tutti gli animali, e le femmine in particolare, sono più vicine alle leggi segrete della natura rispetto agli uomini: non essendo costretti a rispettare le convenzioni sociali, gli animali sono liberi di vivere secondo i propri istinti rivelando la verità al fondo delle cose, secondo un principio vitalistico e panistico (=la compartecipazione di tutti gli esseri viventi all’energia vitale della natura e l’identificazione della divinità con la natura) che rimanda al pensiero di filosofi come Nietzsche e Schopenhauer. Inoltre le «gallinelle» – un diminutivo di ascendenza leopardiana⁵ – ricordano al poeta la moglie per via della «soave e triste/ musica dei pollai», paragonata agli sconsolati lamenti della donna. Anziché menzionare il canto degli uccelli tradizionalmente “sublimi” come l’usignolo o il passero, le cui melodie risuonano dagli alberi ispirando tanti poeti, Saba sceglie dunque un termine di paragone insolito per evocare l’amata con una dolcezza tanto tangibile quanto sincera.
Nella seconda strofa (vv. 25-37) leggiamo la similitudine fra la donna e «una gravida/giovenca», dove il lessico aulico e arcaico nobilita l’immagine della mucca incinta, simbolo di fertilità e di lussuria. La mucca, libera e gioiosa nonostante la gravidanza, è fortemente ancorata alla dimensione fisica: viene descritta attraverso dettagli come il collo, la «carne» di un rosa «tenero» e il muggito triste, coniugando diverse sfere sensoriali (visiva, tattile e uditiva). Come nella strofa precedente, anche quest’altro suono lamentoso rimanda al temperamento malinconico della donna, che il poeta cerca di consolare con regali affettuosi.
Nella terza strofa (vv. 38-52) il paragone è ancor più stupefacente: la moglie è assimilata a una cagna, animale dalle connotazioni generalmente negative, associato alla sessualità e, secondo la morale cristiana, alla seduzione demoniaca. Saba decide, al contrario, di focalizzare l’attenzione su quelle caratteristiche peculiari che generano un legame inscindibile fra l’animale e il padrone o la padrona: la cagna è fedele, dolce, gelosa fino alla possessività. La stessa Lina ha una cagnetta, che si allunga ai suoi piedi, la osserva colma di tenerezza e la difende con tenacia alla sola vista di estranei. Qui la gelosia non è descritta con rabbia, ma con empatia verso chi ama e soffre per un eccesso patologico di protezione; emergono quindi, come in molti altri testi, la spiccata sensibilità psicologica e la tendenza all’introspezione di Saba.
Nella quarta strofa (vv.53.68) la donna è paragonata a una coniglia impaurita, un altro animale domestico tipico della campagna, che dalla gabbia tende le orecchie in attesa di cibo e teme di continuo di restarne priva o che le venga sottratto. La coniglia viene poi colta in un’immagine di estrema dolcezza, quando si strappa il pelo di dosso per costruire una piccola tana in cui partorire e accogliere i propri cuccioli, per tenerli al sicuro. Il riferimento al «nido», con forte connotazione intima e familiare come in Pascoli, pone ulteriormente in evidenza le connotazioni materne dell’animale. La coniglia, come pure la mucca nella seconda strofa, è moglie e madre nel contempo; la definizione di una tale figura lascia emergere ancora una volta i più oscuri fantasmi psichici del poeta: il riferimento va al suo rapporto tormentato con la madre e con la figura femminile in generale, alla sua frequente confusione (anche in età adulta) fra amore erotico e amore materno, quindi al ruolo del freudiano complesso di Edipo nella sua vicenda biografica.
Nella quinta strofa (vv. 69-76), la più breve, l’animale al quale la moglie è paragonata è la rondine, annuncio della primavera e simbolo del potere rigenerante della natura e, di conseguenza, della donna. La rondine è però sfuggente, priva di un approdo stabile, ritorna in primavera per poi ripartire in autunno. D’altro canto, la donna non solo ha portato una rinnovata gioventù nella vita del poeta ormai vecchio, ma, soprattutto, gli ha fatto dono di un amore duraturo, che la investe agli occhi di Saba di un valore aggiunto.
La sesta e ultima strofa (vv. 77-87) è l’unica dedicata a due animali, la formica e l’ape, entrambi appartenenti al regno degli insetti. La formica è simbolo di previdenza, dunque della tradizionale virtù domestica di gestione della famiglia e della casa; non a caso è una nonna a parlarne a un bambino durante una passeggiata in campagna. L’ape è invece simbolo di operosità e ingegno. Così si conclude, con un’immersione finale nelle meraviglie del microscopico e del rasoterra, questo lungo percorso d’amore e tenerezza attraverso il mondo animale: dagli insetti, con un improvviso movimento ascendente, si ritorna a Dio, attraverso la ripresa in chiave quasi liturgica di un brano della prima strofa.
Come già accennato, in A mia moglie il lessico attesta una compresenza di termini umili e quotidiani (i nomi degli animali e i luoghi tipici della campagna, lessemi come “pollai”, “erba”, “radicchi”) e termini visibilmente aulici o arcaici (come “superba”, “fervore”, “pavida”). La sintassi è caratterizzata da un’ampia presenza di iperbati e anastrofi, insieme a strutture frasali che creano parallelismi fra una strofa e l’altra. Da un punto di vista metrico e ritmico, la catena fonica stabilita dalle frequenti figure di ripetizione genera l’andamento cantabile tipico della preghiera, spezzato tuttavia dagli altrettanto frequenti enjambements, instaurando quello che Sergio Solmi definì un «sottile duello tra ritmo e senso⁶».
¹ La formula «poesia onesta» proviene da un intervento che Saba scrisse nel 1911 per la rivista “La voce” e, sebbene rifiutato dalla rivista, fu poi ritrovato tra le carte del poeta e pubblicato nel 1959 con il titolo Quello che resta da fare ai poeti.
² Pier Vincenzo Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 1978.
³ Edoardo Sanguineti, Poeti e poetiche del primo Novecento, Torino, Giappichelli, 1966.
⁴ «…Ricorda piuttosto una poesia ‘religiosa’; fu scritta come altri reciterebbe una preghiera.» (da Umberto Saba, Storia e Cronistoria del Canzoniere, Milano, Mondadori, 1948, 1963).
⁵ Si veda ad esempio, nei Canti, La vita solitaria, vv. 2-3: “esulta nella chiusa stanza la gallinella”.
⁶ Sergio Solmi, La poesia italiana contemporanea, in «Circoli», VIII, 1939.
Confronti
Con il riferimento al «nido» della quarta strofa, con forte connotazione intima e familiare come in Pascoli, poeta del resto quasi contemporaneo di Saba, l’autore pone ulteriormente in evidenza le connotazioni femminili e materne dell’animale descritto, ossia la coniglia. Come la mucca della seconda strofa, si tratta di una moglie e madre allo stesso tempo. Tale figura lascia emergere ancora una volta i più oscuri fantasmi psichici del poeta: la madre fu abbandonata…
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