Testo della poesia
1. Nella mia giovinezza ho navigato
2. lungo le coste dalmate. Isolotti
3. a fior d’onda emergevano, ove raro
4. un uccello sostava intento a prede,
5. coperti d’alghe, scivolosi, al sole
6. belli come smeraldi. Quando l’alta
7. marea e la notte li annullava, vele
8. sottovento sbandavano più al largo,
9. per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
10. è quella terra di nessuno. Il porto
11. accende ad altri i suoi lumi; me al largo
12. sospinge ancora il non domato spirito,
13. e della vita il doloroso amore.
Parafrasi affiancata
1. Nell’età della mia gioventù ho avuto l’occasione di navigare
2-3. lungo le coste della Dalmazia (regione balcanica oggi parte della Croazia). Emergevano isolotti dalla superficie delle onde, dove di rado potevo scorgere
4. un uccello marino fermarsi e scrutare il mare in attesa di pesci da predare,
5-6. ed erano (gli isolotti) ricoperti di alghe, scivolosi, brillanti al sole per il loro verde smeraldo. Quando l’alta
7–8. marea sopraggiungeva e la notte li sottraeva alla vista sommergendoli, le vele si piegavano dalla parte opposta rispetto al vento conducendo le barche verso il largo
9–10. per evitare il pericolo di incagliarsi contro di loro. Oggi il mio regno è quello spazio incontaminato e deserto, dove non vive nessuno. Il porto
11–13. offre ad altri le sue luci rassicuranti; quanto a me, il mio spirito indomabile e il mio appassionato amore per la vita mi portano ancora al largo (alla scoperta di orizzonti nuovi).
Parafrasi discorsiva
Nella mia giovinezza ho navigato lungo le coste dalmate. Emergevano isolotti dalla superficie delle onde, dove di rado si fermava un uccello in attesa di pesci da predare, ed erano (gli isolotti) ricoperti di alghe, scivolosi, brillanti al sole per il loro verde smeraldo. Quando l’alta marea sopraggiungeva e la notte li sottraeva alla vista, le vele si piegavano dalla parte opposta rispetto al vento conducendo le barche verso il largo per evitare il pericolo di schiantarsi. Oggi il mio regno è quello spazio incontaminato. Il porto offre ad altri le sue luci rassicuranti; quanto a me, il mio spirito indomabile e il mio appassionato amore per la vita mi portano ancora al largo (alla scoperta di orizzonti nuovi).
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Allitterazioni
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Analisi e Commento
Ulisse è il testo poetico che chiude la sezione Mediterranee del Canzoniere di Saba. Il poeta scrive i testi di Mediterranee mentre osserva da lontano la sua Trieste sconvolta dai disordini postbellici (si trova infatti a Roma). Le tematiche principali della sezione sono pertanto, da una parte, un profondo senso di lontananza dal luogo che ha rappresentato per Saba l’origine della vita e della propria scrittura; dall’altra, un’attenta meditazione sul tempo, il tempo della storia e il tempo dell’uomo. Lo sguardo dell’autore è infatti segnato dalla vecchiaia che avanza e dal proposito, esplicito o velato, di non scrivere più.
In questo contesto, Saba opta per la ripresa di figure mitologiche o epiche, i cui nomi e le cui vicende rappresentano uno dei leitmotiv (= temi ricorrenti) dell’intera sezione. Quando però Saba rielabora queste tematiche mitiche egli non intende affatto aderire a forme di neoclassicismo o ermetismo, al contrario si serve di personaggi come Ulisse, Ganimede, Narciso, per evocare le situazioni archetipiche alle quali questi nomi rimandano.
Non a caso, il testo Ulisse ha di mitico soltanto il titolo; in questa poesia è evidente come la letteratura diventi per Saba uno strumento di scavo nel profondo della condizione umana, per cui il topos del viaggio di Ulisse si trasforma in allegoria del percorso di vita del poeta, la favola antica diventa il velo che protegge una «verità che giace al fondo»¹.
Il testo risulta sin da una prima lettura suddiviso in due parti, che “spezzano” il verso 9: fino a “l’insidia” il verbo utilizzato è un passato, l’imperfetto, tempo della narrazione e del ricordo; subito dopo, a partire da “Oggi” abbiamo un forte richiamo al presente, e tutta la seconda parte darà infatti declinata al presente.
In apertura del componimento, la sovrabbondanza di elementi naturali (le “coste dalmate”, l’”uccello”, le “alghe”, il “sole”, la “marea”) delinea una descrizione dell’ambiente marino che ha caratterizzato la giovinezza di Saba, quando lavorava come mozzo su una nave mercantile. Le immagini utilizzate risultano, pur nella loro concretezza, altamente evocative, poiché il poeta possiede un ricordo talmente vivido da riuscire a restituirne, attraverso le parole, una percezione limpida e suggestiva.
La seconda parte riconduce proprio quel ricordo al tempo presente: l’io identifica tuttora il proprio habitat naturale con “quella terra di nessuno”, la natura incontaminata simbolo di libertà e potenza generatrice. Il poeta rifugge le sicure luci del porto e preferisce ancora oggi inoltrarsi verso l’ignoto, appagare la propria curiosità insaziabile e l’”indomato spirito” che lo induce, ancora una volta, a superare se stesso. Se l’Ulisse dantesco (nel XXVI canto dell’Inferno) va incontro al proprio destino tragico per aver lottato contro il limite imposto alla natura umana, l’Ulisse/Saba non fornisce una risposta, non vuole giungere a una fine: il suo destino è il suo stesso desiderio di libertà.
Da un punto di vista linguistico e stilistico, anche in Mediterranee Saba persegue la volontà di una «poesia onesta»², chiara nel comunicare a tutti il suo messaggio più autentico, e dunque lontana sia dall’estetismo dannunziano che dal simbolismo pascoliano, così come da quell’area dell’ermetismo più ellittica e formalmente rigorosa. Saba decide quindi di adottare una forma metrica tradizionale, quella dell’endecasillabo sciolto, ma lo arricchisce di sonorità inedite e di un ritmo non convenzionale, ottenuto anche grazie al susseguirsi in catena degli enjambements. Tra le figure retoriche frequenti anche le inversioni dell’ordine sintattico consueto, attraverso l’utilizzo diffuso di anastrofi e iperbati. Le rime sono solitamente “nascoste”: talvolta in forma di assonanza (ad es. “navigato”-”raro”), altre volte interne (“scivolosi, al sole”), o molto distanziate come la rima identica “largo”-”largo” ai versi 8 e 11.
- ¹ Come leggiamo in Amai, un altro testo della sezione Mediterranee.
- ²La formula «poesia onesta» proviene da un intervento che Saba scrisse nel 1911 per la rivista “La voce” e, sebbene rifiutato dalla rivista, fu poi ritrovato tra le carte del poeta e pubblicato nel 1959 con il titolo Quello che resta da fare ai poeti.
Confronti
Una lirica che porta il titolo Ulisse non può fare a meno di porre riferimenti all’eroe greco protagonista della letteratura occidentale dai suoi albori. Oltre all’epopea omerica, grazie alla quale nel corso della storia Ulisse è l’uomo “dall’agile mente”, astutissimo durante la Guerra di Troia, ideatore dello stratagemma del cavallo e poi nell’Odissea pellegrino in esilio per vent’anni dalla sua Itaca per aver offeso il dio Poseidone accecando il gigante Polifemo, l’eroe con la sua sete di conoscenza insaziabile è il simbolo dell’avventura in terre lontane e sconosciute, metafora della naturale volontà umana di scoprire il mondo…
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