Testo della poesia
1. Nera sì, ma se’ bella, o di Natura
2. fra le belle d’Amor leggiadro mostro.
3. Fosca è l’alba appo te, perde e s’oscura
4. presso l’ebeno tuo l’avorio e l’ostro.
5. Or quando, or dove il mondo antico o il nostro
6. vide sì viva mai, sentì sì pura,
7. o luce uscir di tenebroso inchiostro,
8. o di spento carbon nascere arsura?
9. Servo di chi m’è serva, ecco ch’avolto
10. porto di bruno laccio il core intorno,
11. che per candida man non fia mai sciolto.
12. Là ’ve più ardi, o sol, sol per tuo scorno
13. un sole è nato, un sol che nel bel volto
14. porta la notte, ed ha negli occhi il giorno.
Parafrasi affiancata
1. Sei nera, certo, ma sei bella
2. fra le belle del dio Amore, o straordinaria meraviglia della Natura.
3. L’alba è oscura in paragone a te, e diventano scuri
4. con l’ebano (il colore nero) della tua pelle l’avorio e la porpora.
5. Ma quando, ma dove mai i tempi antichi o i nostri
6/7. o vide una luce tanto pura uscire dall’inchiostro scuro
6/8. o sentì un calore così vivo nascere dal carbone spento?
9. Servo di chi è a sua volta mia serva, ecco che porto interno al cuore un laccio bruno
11. che non sarà mai slegato da una mano candida.
12. Là dove bruci di più, o sole, solo per la tua umiliazione
13. è nato un sole, un sole che sul suo bel viso
14. porta la notte, e ha il giorno negli occhi.
Parafrasi discorsiva
Sei nera, certo, ma sei bella fra le belle del dio Amore, o straordinaria meraviglia della Natura. L’alba è oscura in paragone a te, l’avorio e la porpora perdono colore e diventano scuri confrontati con l’ebano (il colore nero) della tua pelle.
Ma quando, ma dove mai i tempi antichi o i nostri o vide una luce tanto pura uscire dall’inchiostro scuro o sentì un calore così vivo nascere dal carbone spento?
Servo di chi è a sua volta mia serva, ecco che porto intorno al cuore un laccio bruno che non sarà mai slegato da una mano candida. Là dove bruci di più, o sole, un sole è nato solo per la tua umiliazione, un sole che porta la notte sul suo bel viso e ha il giorno negli occhi.
Figure Retoriche
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Enjambements
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Allitterazioni
- Polisindeto con parallelismo vv. 7-8: “o luce uscir di tenebroso inchiostro,/ o di spento carbon nascere arsura?”;
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Anastrofi
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Iperbato
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Apostrofi
- Bisticcio vv. 12-13: “sol(e), sol(o),/ sole/ sol(e)”;
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Metonimia
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Antitesi
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Ossimori
Analisi e Commento
Giambattista Marino è il più importante autore italiano del Barocco. Egli rifiuta radicalmente la tradizione classicista per adeguarsi ai gusti poetici del tempo ed afferma che “è del poeta il fin la maraviglia / chi non sa far stupir vada a la striglia”. Il suo grande successo di pubblico è dovuto soprattutto alla sua capacità di cogliere e fare proprie tutte le spinte innovative del Seicento. Nella sua raccolta poetica La Lira, che tratta moltissimi temi, è presente anche un filone amoroso, in cui Marino si allontana decisamente dal petrarchismo allora dominante, svuotando la poesia amorosa delle implicazioni drammatiche e problematiche e rendendola virtuosistica, un puro esercizio di stile, volto ad esibire la sua abilità poetica, riutilizzando in modo creativo tutto il materiale letterario disponibile.
Tutto il componimento Bella schiava, incentrato sulla descrizione della bellezza di una schiava nera, è fondato sull’antitesi esasperata e sull’ossimoro, volti a rovesciare la tradizione petrarchesca dell’omaggio galante alla donna amata, introducendo una forte idea di novità. La condizione della donna, che è schiava, porta alle estreme conseguenze la tendenza barocca a rappresentare la donna in momenti umili e quotidiani (come il pettinarsi, il nuotare, l’innaffiare i fiori, etc), generalmente esclusi fino ad allora dalla poesia elevata, mentre il fatto che sia nera risponde al gusto barocco che ama lo strano e l’esotico e rappresenta sovente donne che si caratterizzano per particolari insoliti e sorprendenti (zoppa, sdentata, cieca, balbuziente, etc). Il gusto barocco per il paradosso e per le associazioni ardite e insolite si coglie, ad esempio, al verso 8, dove il carbone spento, simbolo del corpo nero della donna produce una passione più forte di quello acceso, e all’idea di luminosità è associata, sorprendentemente, quella di arsura, una sete molto forte provocata dalla passione amorosa.
Inoltre, l’intera lirica Bella schiava, come è tipico del procedimento compositivo di Marino, si fonda su immagini totalmente tratte dalla tradizione letteraria precedente, combinate in modo innovativo, così da suscitare la meraviglia del lettore, senza nessun intento né di verosimiglianza né di parodia, ma solo di esercizio virtuosistico, di esibizione della forma stilistica quasi fine a se stessa. Ad esempio, il concetto di “nera, ma bella” della prima strofa era già nel Cantico dei cantici biblico (nigra sum sed formosa) ed era stato poi ripreso nelle Rime di Tasso (bruna sei tu, ma bella). Anche le immagini a cui è paragonata la figura femminile (ebano, avorio, sole, calore) appartengono alla tradizione lirica, ma sono qui combinate e presentate in modo innovativo.
Bella schiava è – come si vede – costellata da numerose figure retoriche e giochi di parole: oltre al bisticcio “sol(e) sol(o)”, il poeta si diverte a dimostrare la sua abilità linguistica giocando, ad esempio sul doppio significato del termine mostro, che etimologicamente significa “portento, creatura eccezionale”.