Testo della poesia
1. Quando io movo i sospiri a chiamar voi
2. e ‘l nome che nel cor mi scrisse Amore,
3. LAUdando s’incomincia udir di fore
4. il suon de’ primi dolci accenti suoi.
5. Vostro stato REal, che ‘ncontro poi,
6. raddoppia a l’alta impresa il mio valore;
7. ma: TAci , grida il fin, ché farle honore
8. è d’altri homeri soma che da’ tuoi.
9. Così LAUdare et REverire insegna
10. la voce stessa, pur ch’altri vi chiami,
11. o d’ogni reverenza et d’onor degna:
12. se non che forse Apollo si disdegna
13. ch’a parlar de’ suoi sempre verdi rami
14. lingua mortal presumptüosa vegna.
Parafrasi affiancata
1. Quando io uso la mia voce per chiamarvi
2. con quel nome che Amore mi scrisse sul cuore (cioè Laura),
3. si iniziano a sentire fuori dalle labbra come cantassero una lode
4. le prime dolci lettere che lo compongono (cioè le prime due sillabe: LAU).
5. La vostra condizione regale, che incontro appena dopo con la seconda sillaba che compone il vostro nome (RE),
6. raddoppia la forza del mio ingegno intento in un’impresa (nominarvi) così ardua e difficile;
7. ma la sillaba finale mi grida poi: taci! (TA ultima sillaba nome dell’amata), poiché renderle onore
8. è un peso (soma) per spalle più robuste delle tue (il poeta è inadeguato).
9. Così induce a lodarvi e a riverirvi (sillabe iniziali LAU e RE di tali azioni presenti nel nome dell’amata)
10. il vostro stesso nome nell’essere semplicemente pronunciato,
11. oh voi che siete degna di ogni reverenza e onore:
12. e forse Apollo (dio della poesia) nello stesso momento si adira
13. del fatto che a parlare dei suoi rami sempre verdi (ossia il Lauro pianta a lui sacra; Laura\Lauro)
14. una presuntuosa lingua mortale osi farsi avanti.
Parafrasi discorsiva
Quando io uso la mia voce per chiamarvi con quel nome che Amore mi scrisse sul cuore (cioè Laura), si iniziano a sentire fuori dalle labbra come cantassero una lode le prime dolci lettere che lo compongono (cioè le prime due sillabe: LAU).
La vostra condizione regale, che incontro appena dopo con la seconda sillaba che compone il vostro nome (RE), raddoppia la forza del mio ingegno intento in un’impresa (nominarvi) così ardua e difficile; ma la sillaba finale mi grida poi: taci! (TA ultima sillaba nome dell’amata), poiché renderle onore è un peso (soma) per spalle più robuste delle tue (il poeta è inadeguato).
Così induce a lodarvi e a riverirvi (sillabe iniziali LAU e RE di tali azioni presenti nel nome dell’amata) il vostro stesso nome nell’essere semplicemente pronunciato, oh voi che siete degna di ogni reverenza e onore:
e forse Apollo (dio della poesia) nello stesso momento si adira del fatto che a parlare dei suoi rami sempre verdi (ossia il Lauro pianta a lui sacra; Laura\Lauro) una presuntuosa lingua mortale osi farsi avanti.
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Allitterazioni
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Analisi e Commento
Quando io movo i sospir a chiamar voi è il quinto componimento contenuto nel Rerum Vulgarium Fragmenta, opera più ampiamente nota con il nome di Canzoniere. In tale opera è trasposta la vita del poeta e i suoi sentimenti, si intenderà dunque quanto sia vasto lo spazio che trova la tematica amorosa. Infatti ricorrente e centrale è la figura di Laura, la donna amata da Petrarca e sulla stessa è incentrato il sonetto preso in esame.
Petrarca, in tale componimento, mira ad esaltare il nome dell’amata, quel nome che pronuncia “movendo sospiri”, espressione che indica l’emissione della voce ma con una forte connotazione affettiva. L’esaltazione onomastica è condotta tramite due acrostici, ossia alcune lettere iniziali, poste in evidenza nel testo soprastante, che formano il nome associato alla donna. Nel manoscritto autografo, dunque scritto dalla mano del poeta stesso, le sillabe d’interesse non sono messe in rilievo graficamente, dunque il nome della donna è celato e va ricercato con attenzione.
Il primo acrostico è contenuto nelle due quartine. Comincia il suo sviluppo con la parola LAUdando, dove la prima sillaba coincide con le prime lettere del nome dell’amata, la pronuncia delle quali ingloba appunto le lodi della donna. Il poeta lo continua poi con la prima sillaba di REal, chiaro richiamo allo stato regale della donna che innalza dunque il valore della sua lode, ma la sillaba finale è quella iniziale di TAci, che lo invita a restare in silenzio poiché non dotato delle qualità superiori che l’elogio richiede.
Nelle quartine dunque il nome ottenuto associato all’amata è Laureta, nome anagrafico della donna, mentre nel successivo acrostico delle terzine fuoriesce il nome Laurea. Quest’ultimo è formato dalle sillabe iniziali dei verbi LAUdare e REverire e dall’ A di Apollo. In tale parte del sonetto il poeta sottolinea come il nome della donna ispiri riverenza e lode, e allo stesso tempo simboleggi la poesia stessa. È evidente dunque la centralità, oltre che del motivo della donna amata, anche di quello del desiderio dell’alloro poetico (il termine laurea, infatti, deriva dal nome latino della pianta d’alloro, Laurus, simbolo della poesia) e del mito dafneo (dalla ninfa Dafne, trasformata in alloro dal padre Peneo) che costituisce uno dei nuclei essenziali della poesia petrarchesca.
Infine, sempre nelle due terzine, tornano sottolineati i limiti del poeta, quelli già presenti nell’ammonimento di tacere (vv. 7-8), questa volta rappresentati dallo sdegno che potrebbe suscitare in Apollo il pronunciare il nome di Laura, o meglio il suo poetare. Petrarca riprende un topos classico: quello dell’inadeguatezza della letteratura per un’impresa che risulta essere troppo difficile. L’ultima terzina è incentrata sull’omofonia di Laura e Lauro, ossia l’alloro, pianta sacra ad Apollo, simbolo di poesia, di cui era composta la corona posta sui capi dei poeti, appunto, come già notato, la cosiddetta Laurea in latino. Il componimento ricalca il gusto medioevale, epoca nella quale l’interpretazione dei nomi era tutt’altro che casuale e l’etimologia era carica di valenze simboliche e rispecchiava la vera natura e il vero significato delle cose.
Per concludere, di rilievo è anche il motivo che deriva dalla tradizione stilnovistica della lode della donna amata e in particolare della donna-domina (signora) che in Quando io movo i sospir a chiamar voi trova riscontro nei termini che alludono al vassallaggio dell’amante (farle honore, reverenza) già presenti nella poesia, tra gli altri, di Dante e Cavalcanti.
Confronti
Quando io movo i sospir a chiamar voi, secondo alcuni punti di vista, è un componimento atipico rispetto alla poetica amorosa che Petrarca sviluppa nel resto del Canzoniere. Nella prima terzina (“Così LAUdare et REverire insegna / la voce stessa, pur ch’altri vi chiami,/ o d’ogni reverenza et d’onor degna” vv.9-11) è infatti presente il motivo che deriva dalla tradizione provenzale e poi stilnovistica della lode della donna amata già presente nella poesia…
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